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Manifesto del partito comunista.

Opera di Karl Marx e Friedrich Engels, redatta in lingua tedesca e pubblicata a Londra nel febbraio del 1848. Scritto per la Lega dei Comunisti tedeschi ha però un carattere internazionale: si rivolge ai lavoratori di tutti i Paesi, invitandoli a unirsi. Tranne che in Germania e tra i rifugiati tedeschi nell'Europa occidentale, esso rimase pressoché sconosciuto durante i moti rivoluzionari del 1848. La prima traduzione inglese apparve solo nel 1850 e anche negli anni successivi il Manifesto si fece strada molto lentamente, tanto da essere ancora scarsamente noto nel periodo della Prima Internazionale, fondata nel 1864. L'opera si divide in quattro capitoli. Nel primo, Borghesi e proletari, si afferma che borghesia e proletariato costituiscono i due grandi corpi avversi in cui, nell'epoca moderna, si divide la società. A ogni stadio dello sviluppo economico della borghesia si è accompagnato un corrispondente progresso politico. La borghesia, nella sua ascesa, ha avuto una funzione sommamente rivoluzionaria, spezzando le catene del sistema feudale. Il risultato più importante del dominio economico della borghesia è l'instaurazione del pagamento in contanti come unico tipo di rapporto riconosciuto tra uomo e uomo e della libertà di commercio che incarna tale rapporto. Lo sfruttamento del mercato mondiale dà al sistema borghese un'impronta cosmopolita. Nel suo sviluppo, la concorrenza borghese ha raggiunto lo stadio in cui non può più dominare gli immensi mezzi di produzione che ha evocato: crisi economiche di gravità crescente sono i segni di questa incapacità. Per effetto delle contraddizioni insite nel sistema capitalistico, la borghesia stessa si è fabbricata le armi che la rovesceranno e ha creato la classe capace di usare quelle armi per rovesciarla: il proletariato. Il sistema borghese ha trasformato l'operaio in una semplice merce, essendo egli trattato unicamente come depositario della sua forza-lavoro. Settori sempre più vasti dei bassi strati della classe media, artigiani, bottegai, piccoli imprenditori, impoverendosi, vanno a ingrossare le file del proletariato, una grossa fetta del quale è costituita dai lavoratori agricoli che hanno dovuto abbandonare la terra per diventare schiavi della macchina. A questa situazione di crescente proletarizzazione, i lavoratori reagiscono passando dalla lotta individuale e dalla distruzione delle macchine, a nuove forme di agitazione organizzata. Questi passi verso un movimento politico proletario sono compiuti sotto la direzione borghese (tema del secondo capitolo, Proletari e comunisti), trovandosi la borghesia nella necessità di servirsi del proletariato per distruggere definitivamente i suoi superstiti nemici reazionari. In queste lotte, essa si serve dell'aiuto del proletariato, educando in tal modo, suo malgrado, gli operai ai quali, nel momento decisivo, si unirà una parte della stessa classe dominante, in particolare gli intellettuali borghesi che hanno compreso teoricamente il movimento storico. Il primo passo sulla strada della rivoluzione proletaria consiste nel fatto che "il proletariato si eleva a classe dominante". Il proletariato vittorioso si servirà del proprio dominio politico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale e per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, ossia del proletariato organizzato come classe dominante, nell'interesse della società intera. Le parti terza (Letteratura socialista e comunista) e quarta (Posizione dei comunisti di fronte ai diversi partiti di opposizione) del Manifesto sono dedicate a una critica particolareggiata delle varie correnti del pensiero socialista del passato, definite "utopistiche", in contrapposizione al "socialismo scientifico" marxista. L'opera si chiude con l'appello: "Proletari di tutto il mondo, unitevi!".